LA NECROPOLI

Allo stato attuale la necropoli costituisce il settore più largamente esplorato dell’antica Lilibeo e una delle principali fonti di dati sulla Sicilia punica del IV e III sec. a.C.

STORIA DEGLI STUDI

Risalgono al Settecento le prime segnalazioni di rinvenimenti occasionali nella necropoli lilibetana (tessera hospitalis nella proprietà Grignani), ma solo dalla fine dell’Ottocento ebbero inizio i primi scavi (A. Salinas, S. Struppa), intensificatisi poi con le ricerche condotte, a partire dagli anni Sessanta del Novecento, dalla Soprintendenza Archeologica della Sicilia Occidentale (A. M. Bisi, C. A. Di Stefano) e poi dalla Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Trapani, istituita nel 1987 (B. Bechtold, R. Giglio, I. Valente).

TOPOGRAFIA

La necropoli si estendeva lungo il lato orientale, fuori le mura della città (extra moenia). Le sepolture più antiche furono scavate presso il margine esterno del fossato, ma già alla fine del IV sec. a.C. la necropoli occupava una vasta area, compresa tra la via Valeria a N (attuale via del Fante, area Tribunale), che congiungeva la città a Messana (Messina),e l’area di Santa Maria della Grotta (Stadio-Cimitero) a SE. (Fig. 1)

Fig. 1

SEPOLTURE E RITI FUNERARI

La tomba più comune nel periodo punico era la semplice fossa rettangolare, scavata nel banco di calcarenite, destinata a contenere un individuo adulto. (Fig. 2)

Fig. 2

Dove la natura del terreno lo consentiva, si aprivano gli ipogei a pozzo verticale, con una o due camere funerarie sul fondo, per nuclei familiari di elevata condizione sociale. (Fig. 3)

Fig. 3

Un terzo tipo di sepoltura era il semplice pozzo, poco profondo, privo di camera funeraria. (Fig. 4)

Fig. 4

Gli ipogei erano coperti da lastroni poggiati su una risega, e forse anche da un’altra copertura di legno a metà del pozzo; si poteva scendere mediante tacche praticate sulle pareti dei pozzi e accedere alle camere da aperture con stipiti e architravi. (Fig. 5)

Fig. 5

Le camere, di forma rettangolare, non presentavano di solito decorazioni; fa eccezione un graffito raffigurante la dea Tanit rinvenuto in un ipogeo.

I riti funerari, in uso contemporaneamente, erano l’inumazione e l’incinerazione.

Il defunto inumato veniva deposto supino, ricoperto da uno strato di sabbia per rallentarne la decomposizione, in una cassa o su un letto funebre in legno, come prova la presenza di chiodi e resti lignei. (Fig. 6)

Fig. 6

La posizione rannicchiata era forse destinata agli schiavi o ai mercenari.

Nelle tombe a camera le sepolture si sovrapponevano le une sulle altre, e le più recenti erano deposte nel pozzo di accesso.

Sono rare le inumazioni entro anfore (enchytrismoi), riservate ai bambini di pochi mesi. (Fig. 7)

Fig. 7

La cremazione poteva avvenire nella stessa tomba (incinerazione primaria), oppure in una fossa dalla quale i resti venivano trasferiti in cassette di pietra, anfore e olle in terracotta o in piombo (incinerazione secondaria), insieme agli oggetti più cari al defunto.  (Fig. 8)

Fig. 8

Di solito i cinerari contengono i resti di un solo individuo di sesso femminile, fatta eccezione per la cassetta di una tomba familiare (ricostruita al Museo al centro della sala extra moenia), destinata a due giovani di ambo i sessi. (Fig. 9)

Fig. 9

La colorazione bianco-calce delle ossa dipende dalla combustione ad alte temperature, che provocava anche fratture e deformazioni. La presenza in alcuni cinerari di resti di animali (ovicaprini, volatili, pesci, conchiglie) fa pensare a offerte e rituali funerari (refrigeria) destinati al defunto nell’oltretomba.

I cinerari venivano deposti negli ipogei, nelle tombe a fossa ma anche nelle cavità della roccia, circondati da un modesto corredo.

In periodo romano diventa comune la tomba a lastre di tufo intonacate, utilizzata sia per la deposizione degli inumati, sia per la cremazione primaria. (Fig. 10)

Fig. 10

FASI DI UTILIZZO

Nella seconda metà del III secolo a.C., con il passaggio della città sotto il controllo di Roma, le sepolture di tipo punico vengono in parte abbandonate e sopra il livello della roccia sorgono piccoli monumenti funebri (epitymbia) per segnalare tombe di diverso tipo. (Fig. 11)

Fig. 11

L’aspetto monumentale caratterizza la fase ellenistico-romana della necropoli fino al II sec. d.C.

Nel periodo tardo-antico (III-V sec. d.C.) diventa comune il riuso degli ipogei punici per la realizzazione di sistemi catacombali, con sepolture a nicchia e ad arcosolio ricavate lungo le pareti (Fig. 12), e tombe a fossa scavate nel pavimento.

Fig. 12

Sono documentate anche camere funerarie ipogee con ingresso a gradini (dromos), come l’Ipogeo dipinto di Crispia Salvia (II-IV sec. d.C.) (Fig. 13) e l’ipogeo con iscrizioni sovrapposte in tre lingue (punico, greco e latino) rinvenuto nell’area del nuovo Tribunale.

Fig. 13

La fascia costiera intorno al promontorio di Capo Boeo viene occupata, nel V-VII sec. d.C., da cimiteri sub-divo (a cielo aperto) costituiti da tombe a cassa in lastre di calcarenite, che invadono gli spazi dell’abitato. (Fig. 14)

Fig. 14

CORREDI

Nelle sepolture era quasi sempre presente il corredo, più o meno ricco a seconda dell’importanza sociale del defunto e diversificato per sesso, come evidenzia l’allestimento espositivo del Museo. Infatti, oggetti da toeletta, quali cesoie, specchi, contenitori di cosmetici e profumi e rari gioielli, connotano di solito le sepolture femminili, mentre lo strigile è l’elemento caratterizzante delle sepolture maschili. Vasetti-biberon di diversa forma, sonagli e vasi miniaturistici accompagnano le tombe dei bambini. (Figg. 15-16-17)

Tra gli abitanti di Lilibeo esistevano notevoli differenze sociali, rese evidenti dall’analisi e il confronto dei resti umani e dei corredi: le sepolture più ricche corrispondono a individui sani e ben nutriti, mentre corredi poveri accompagnano individui affetti da gravi carenze nutrizionali.